venerdì 27 aprile 2012

Diritto al gioco



Osservate i vostri figli quando giocano, quando giocano veramente.
Il divano diventa la nave dei pirati a caccia di tesori nascosti o un treno che viaggia veloce verso mete lontane. Oppure sotto a un tavolo si può creare una casina assai confortevole e la cucina improvvisamente è la piazza del mercato.

I bambini hanno diritto al gioco, al gioco vero.

E giocare non significa accendere uno strumento elettronico e farsi imbambolare per ore da luci e suoni. nè vuol dire avere a disposizione tutto: bamboline, macchinine e mille altri ninnoli per poi mezza volta e basta.
Giocare vuol dire inventare tutto dal niente: avere una stoffa colorata, mettersela in testa e diventare una bellissima principessa, oppure farla scendere sulle spalle ed essere un prode cavaliere.
I giochi migliori sono quelli dove è la fantasia che fa da padrona e l'arte di immedesimazione dei bambini ci va a braccetto: un pezzo di legno ora è una lussuosissima ferrari da far correre da tutte le parti e tra un momento diventa un delizioso panino appena acquistato al bar.
E in questi i bambini sono maestri e hanno il diritto di vivere questo tipo di gioco. Noi genitori dobbiamo semplicemente permetterglielo tutelando questo spazio sacro.

Oggi pomeriggio sono stata colpita dal fuoco sacro delle pulizie primaverili: volevo pulire e riordinare tutta la casa, sentivo che dovevo farlo, ma pretendevo anche che Vera facesse altrettanto con le sue cose.
Non mi ero accorta che lei invece stava Giocando. Si era messa il vestito da Rapunzel cucito l'anno scorso, aveva legato insieme tutte le stoffe bianche che aveva trovato in camera sua e si era fatta una lunghissima chioma proprio come la sua eroina. Svolazzava poi per la casa scalza canticchiando e vivendo in questo spazio di gioco appena creato.

Io nel frattempo presa com'ero dalle mie pulizie, appena l'ho vista, senza quasi guardarla, le ho detto:" Vera per piacere, visto che io sto pulendo, puoi mettere a posto anche tu la tua scrivania?"
La sua risposta è stata: " Mamma, ora no, sto giocando!"
Non ho osato replicare.
Aveva ragione, stava giocando e non c'era niente di più importante in quel momento. La scrivania poteva benissimo aspettare.

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